Pagine

lunedì 30 settembre 2013

Il mazzo di sogni

Ad ogni ora, del giorno o della notte. Ti svegli sempre con un mazzo di sogni sul cuscino. Basta quello spazio che ti sottrae alla corsa senza posa per ritrovare intatti i pensieri che vuoi. Così li chiami, i sogni.
In strada, sotto la tua finestra, scorrono i buoni e i cattivi umori. Quelli della veglia e quelli del sonno. Che sono, è vero, fatti proprio dalle disposizioni delle corse senza posa e dei sogni. In fila, i tuoi e quelli di tutte le anime che la abitano.
Nel coro degli uccelli, tra i vasi di gerani, alla luce del lampione, rasente i muri, tra le lenzuola stropicciate, con il rombo dei motori.
Occhi svegli e disarmati o fremiti allegri dalle palpebre chiuse.
Quel giorno il mazzo l’hai raccolto, fasciato e infiocchettato come fa il fiorista che prepara le rose e l’hai regalato alla tua vita. Nella via degli umori si è accesa una strana stella, fa servizio continuato, con il sole e con il buio.

Il mazzo di sogni ha sorprendenti radici e non smette di fiorire. 

domenica 29 settembre 2013

I tuoi occhi

Dylan era il tuo sguardo sul mondo, la tua guida nelle vie della vita.
Era addestrato, Dylan. Un cane per ciechi, di quelli che diventano luce nel buio, sostegno nel cammino, speranza nella disperazione.
Serio, attento, diffidente, per proteggerti. Mai un passo falso, mosse eleganti e prudenti, fiuto infallibile.
Ma a casa Dylan, chiusi fuori dalla porta molti pericoli, diventava un giocherellone. Il tuo giullare, dicevi. Sembrava addirittura suonasse qualcosa per te quando ti abbaiava in quel modo inconsueto.
Dylan ti guardava come se tu potessi vedere la sua dedizione, il suo trasporto, la sua gioia. Dylan, sempre al tuo fianco. Dylan, intelligente, sensibile, prezioso. I miei occhi, lo chiamavi talvolta, affettuosamente. Era la tua bussola.
Quando è morto hai pianto lacrime incontenibili. Ripetevi che vi eravate amati troppo per potervi separare…Non era solo i miei occhi Dylan, dicevi. Dylan era un amico.
Hai accettato Rudy con rabbia, solo perché ti servivano i suoi occhi. Ma non volevi legarti a lui, non volevi ci fosse complicità oltre quella necessaria, non accoglievi il suo muso tra le mani come facevi con Dylan. Lui non era Dylan e questo bastava a irrigidirti, a non offrirgli l’opportunità di arrivare al tuo cuore. Usavi un tono brusco con Rudy e, appena potevi, gli lasciavi intendere che non avevi bisogno di lui.
Ma Rudy ha aspettato. Ti è stato accanto con ostinata ma delicata pazienza. Ubbidiente, straordinario, zelante ma quieto nell’entusiasmo, discreto, silenzioso. Quand’eri triste e stanco sulla tua poltrona in salotto Rudy ti appoggiava una zampa sulle ginocchia, proprio come Dylan.
Rudy ti ha accompagnato sereno e clemente. Ha atteso, con garbo e lealtà. Passo dopo passo, fatica dopo fatica, aiuto dopo aiuto. Fedele e speranzoso.

Fino a quel terribile temporale. Avevi paura tu, dei temporali. I tuoni fragorosi ti mettevano addosso una brutta inquietudine. Rudy si è avvicinato, ha cercato le tue mani perché tu accogliessi il suo muso…Tu, come facevi con Dylan, l’hai accolto, finalmente. E l’hai stretto a te, piangendo. Scusami Rudy, hai mormorato. E ti è parso che Rudy abbaiasse come Dylan, una musica solo per te.

sabato 28 settembre 2013

La luna, il dito e gli stolti

Quando il saggio indica la luna lo stolto guarda il dito.
D’altra parte la luna non è di tutti. E ci sono stolti altezzosi, non puoi neanche aiutarli e
spiegare loro dove puntare gli occhi che tirano calci, sbuffano come mantici, morsicano come vipere.
Fanno i sostenuti, dice la signora Lia. Gonfiano il piccolo petto, tirano fuori un paio di muscoli allo stadio embrionale, stringono il loro pugno di mosche, inarcano le sopracciglia spelacchiate e sfoderano quattro stupidate con tono saccente.
Se possibile bisogna fermarli. Prima dell’ultimo atto, insomma prima che diano fiato alla bocca.  Per rispetto alla luna. Che non vuole si prestino l’orecchio e il tempo a chi disprezza ogni fascio di luce. E ha l’animo troppo delicato per sopportare i gonzi cattivi (che ai gonzi buoni non viene neanche in mente di non ammirare la luna!).
Non datevi pena se vi hanno importunato, offeso, umiliato. Se avete dato loro tanto e tanto e tanto, anzi decisamente troppo. Scambiate con garbo il piatto e mangeranno esattamente il disgustoso cibo che hanno cercato di servirvi.
Assicuratevi solo di ignorarli, da quel momento in poi, per sempre. E, soprattutto, che non abbiano mai a permettersi di dirsi vostri amici con alcuno.
“A volte certe benedizioni di Dio si manifestano mandando in frantumi tutti i vetri” (Paulo Coelho).

Ringrazio Conci Rinaudo per la splendida fotografia.

venerdì 27 settembre 2013

Il cammino della pietra

In riva al mare. Plasmata dal sole, dal vento, dall’acqua. Pietra levigata. Tanto più levigata quanto più capace di assorbire il lavoro dei tanti elementi in fermento.

E immagino un cammino, in riva a quel mare. Sogno uomini come pietre. Desiderosi di sole, vento e acqua per farsi lisci e lucenti, belli di virtù.
(Ringrazio Conci Rinaudo per la concessione della fotografia)

giovedì 26 settembre 2013

Si deve amare così

Amare la propria terra significa almeno tre cose:
capirla e rispettarla
lottare perché non muoia
sostenere chi la vuole viva
Almeno vuol dire che l’elenco è più lungo. Ma anche che questi tre punti sono la base essenziale per non trasformare la propria terra in una stazione di partenza senza ritorno.
In una frase: bisogna tenere la luce accesa perché nel buio la vita è cupa assai!
Il pensiero minimo è della signora Lia, ovviamente maestra in note d’impatto.

Questa volta il mio non lo aggiungo. 

mercoledì 25 settembre 2013

'A livella (di Totò)

…“Ma quale Natale, Pasqua e Epifania!!!
Te lo vuoi ficcare in testa…nel cervello
Che sei ancora malato di fantasia?
La morte sai cos’è? E’ una livella”…

E Totò la livella la conosceva bene, già in vita. Come i vecchi muratori. 
Simbolo essenziale. Questione di luce e di passi. Storia di conoscenza.

Come si possa non averne il senso e la misura, quasi mi sfugge. Non in termini di percorso, che può non essere dato a tutti, ma almeno di aspirazione o percezione. Ecco tutto.

lunedì 23 settembre 2013

Io voglio che lui ritorni

Quando mi amava era tutto diverso. Io, ero diversa.
Lo aspettavo, lui arrivava e questo bastava. Anche se non mi sorrideva. Anche se sbatteva
forte la porta. Anche se era così nervoso che tacevo per non far rumore.
Adesso non ha senso la pazienza. E neanche la speranza.
Pure l’amore è una scatola vuota. Come la casa che non so più come abitare. Come i passi che non riesco più a camminare. Come la maledetta porta che non sbatte più.
A me della rabbia non importa. Io sento solo dolore. Insopportabile dolore.
Altro che tempo. In quarant’anni ne è passato di tempo. Non è servito.
Avete provato a tirarmi fuori l’orgoglio. Non ti amava, mi avete detto e ripetuto. Quasi dovesse bastarmi questo per seppellire il mio sentimento. Quasi fosse così umano salvarsi con la stizza o la rassegnazione.
Io voglio che lui ritorni.
Se raccogli una storia come questa più che le mani a tremarti è il cuore.
Roba che l’amore te lo senti dentro come un’esplosione. E infine in dolcezza, per tutta la vita. Finché morte non ci separi. Almeno da questa storia.
Anche se la signora Lia ce la mette tutta a convincermi che c’è un perverso meccanismo nelle dipendenze emotive, come le chiama lei quando decide di prendere le distanze dalla commozione. E il perverso meccanismo sta tutto nell’io, ero diversa. In sostanza si può non amare una persona ma una condizione affettiva.
D’accordo, per quanto scivoloso sia l’argomento, la Lia ha ragioni inattaccabili. Ma che importa? Oggi me ne sto solo con lei, che dopo quarant’anni vuole ancora che torni. Nella categoria amore, non in quella dipendenze emotive.

Questione di romanticismo. Odio non credere agli amori eterni e assoluti.

martedì 17 settembre 2013

La storia di uno di noi

Questa è la storia di uno di noi, che non era nato per caso in via Gluck ma aveva scelto di risiedere nell’infinito. Quello che aveva nel cuore, in tasca e nelle mani. Come avesse fatto a starci dentro e a portarlo a spasso è il risvolto praticamente inspiegabile. Ed è bello così. Che quello che si svela talvolta si sfilaccia come una vecchia stoffa malandata. Fatto sta che lui e l’infinito avevano stretto una specie di alleanza e la vita si era dilatata come la pupilla in visita dall’oculista.
Non aveva più la ringhiera del balcone, si affacciava direttamente sul vuoto e non precipitava. Che l’aria, amica dell’infinito, gli faceva da terra.
Era un bel vedere, devo proprio dirlo. Pareva delirio e non lo era. Quasi ti convinceva della magia dell’universo. E se proprio ti rimaneva il dubbio d’essere in sogno ti dava i pizzicotti che sentivi, eccome, a dimostrazione che eri sveglio.
Cosa fosse capitato d’un tratto a quelle ali invisibili non mi era noto. Non lo avvistavo più, in cammino o in volo. Eppure mi assicuravano che l’infinito e lui erano ormai un corpo e un’anima quindi c’era. Da qualche parte.

Finalmente l’ho rivisto e ho capito. Ero io ad aver smarrito il filo. Ad aver perso gli occhiali spirituali, modello Vita con la V maiuscola ovviamente. Sto molto meglio, anche nel dolore e nella fatica, quando all’orizzonte c’è lui, che risiede nell’infinito.

venerdì 13 settembre 2013

Pane e gorgonzola con salame lucano

Gorgonzola doc e dop, ovviamente. E in un impulso di voluttà direi con mascarpone e noci. Praticamente il boccone dell’estasi. Io lo accompagno con salame lucano ovvero uno dei pochi morsi che possono far dire, senza timore di essere smentiti dal cuore e dalla vita, “ti amerò per sempre”.
Non importa se per voi è il momento di pane e nutella. Mi accomodo e faccio onore alla vostra tavola con grande piacere. D’altra parte non proverei indugi neanche davanti a una farinata o a un fritto misto alla piemontese. Sarei deliziata pure da mezzo chilo (che io non conosco dosi inferiori in fatto di pasta) di maccheroni filati per dirla con l’amico Rocco Papaleo. E da un’altra sfilza di bontà che evito di elencare.

Non è un discorso basso, di pancia, ammesso poi che quelli di pancia non abbiano dignità filosofica. Anzi, direi che ce l’hanno, eccome.
E’ comunque un discorso alto, di testa. Che l’acquolina o la bava alla bocca sono il preludio a momenti sublimi. E nessuno può convincermi non sia nutrimento per lo spirito. Il cibo è la prima vera cultura. Non ammetto prove contrarie.
Quanto allo spauracchio delle abbondanze indigeste o ingrassanti, fatevene una ragione. Quello che conta è mangiare in proporzione al consumo. E allora alzerei il mondo pur di consumare a sufficienza per ingurgitare tutti quei doni del cielo che non oso più ripetere per non sciogliermi in desideri feroci.
E voglio rendere omaggio al pane quotidiano (con companatico) anche a parole. Perché di sensazioni soavi ho bisogno come dell’aria.

Ecco, ci bevo sopra un buon bicchiere di vino. Così si rallegrano pure favella e estro.

lunedì 9 settembre 2013

Nessun luogo è lontano

Se a qualcuno sfugge la citazione che corra subito a colmare la lacuna: il Maestro, Richard Bach, è una lezione vivente che nessuno dovrebbe permettersi di perdere!
Io adoro il volo di Bach, quello vero e quello metaforico. La vita è tutta lì, nell’essenza di un viaggio senza inizio e fine, di un’avventura senza tempo e posto. Nel desiderio e nella realtà. In quella luce del pensiero che ti consegna all’ovunque, che ti fa andare oltre, che ti fa incontrare l’infinito. Nella libertà di essere, finalmente fuori dall’angusto limite della tua appartenenza.
Quando capisci di avere le ali esattamente come Falco, Aquila, Colibrì o Gufo sei già altrove, meravigliosamente altrove, qui e là, nel mezzo della festa, quella dell’anima. Senza il lacciuolo dell’abitudine che si ripete, del confine che ti opprime la vista, della strada che ti detta il passo.
Quanta ebbrezza nel salto! E nella scoperta del cielo, magari con l’amico Jonathan. Dei respiri che corrono. Degli occhi che guardano. Tutte le meraviglie a volteggiare nell’aria, tutti i profumi ad accarezzare la pelle, tutte le musiche a solleticarti il corpo.
Spazio mentale, dice la signora Lia, che ti consegna una dimensione allargata, ovviamente. Certo, è questione di percezioni. Non puoi sognare davvero quello che neanche sai esistere…
Taluni però, diciamolo, difettano in volontà oltre che in fantasia. Non vanno ad annusare quello che c’è al di là del loro cortile e non aggiornano il calendario neanche se gliene arriva uno nuovo in dono. Non solo. Trovano sia virtù la loro frontiera.
Devo comunque convenire con la signora Lia: la fortuna piove dall’alto. Ci devi nascere, con le antenne. Già.

Ringrazio la pioggia.

giovedì 5 settembre 2013

Raccogli le briciole

Ai suoi tempi non si buttavano, le briciole.
Il vecchio le ha vissute, la morsa della fame e la poesia della virtù.
Più che la pazienza ha praticato la verità delle cose e dei pensieri. Certo ha pianto, sperato, forse imprecato. Certo ha provato il dolore e l’umiliazione. E, qualche volta, ha desiderato conoscere un momento di briciole senza valore.
Ma si è rialzato, ogni volta. Dalla caduta del cuore e della saggezza. Dallo scivolone dell’illusione, della cupidigia, della stupidità.
Ha le mani deboli, ora. Il passo stanco. E i denti che non mordono più.
Eppure il pane secco è ancora buono, nel latte o nel brodo. Che forse il pasto buono è meglio lasciarlo ai figli o ai nipoti.

A me fa piangere il vecchio, è vero. Ma soprattutto mi fa pensare. Che voglio essere come lui e raccogliere sempre le briciole.

mercoledì 4 settembre 2013

Anima brulla

Cerca di essere indulgente con l’anima brulla. Con chi non ha attenzione per le tue tribolazioni. Con chi non avverte la fatica della tua vita o il fatale risvolto del male che ti sta accanto. Con chi non ha riguardo per le tue lacrime, la tua paura, la tua ansia.
Non capisce, l’anima brulla. Non ha la delicatezza per intuire le sfumature dei momenti, per ubbidire a un silenzio, per scegliere le parole. Non sa neanche fingere garbo o interesse o conforto o ammirazione. Macché. Non conosce il rispetto.
E’ di una freddezza sconcertante, l’anima brulla. E vive con orgoglio la sua insensibilità, la chiama lucidità.
E’ impastato di egoismo, egocentrismo, arroganza, l’anima brulla. Porge a malapena mazzi di fiori nelle occasioni facili e ridenti eppure vanta doti di umanità e lungimiranza. Sublimi discorsi in un mare gelato.
Cerca di essere indulgente con l’anima brulla. Pensa alla povertà del suo cuore, alla cortezza del suo pensiero, all’arcigno confine della sua dimensione vitale. Non avrà mai la fortuna della tua sofferenza, la generosità del tuo spirito, la brillantezza della tua mente.

E sorridi, sempre, all’anima brulla. Non imparerà a ricambiare o a stimarti e, giammai, a fidarsi di te,  ma potrai sperare che la tua virtù prima o poi gli lasci appiccicato addosso il vago desiderio di un’autentica dimensione emotiva.

lunedì 2 settembre 2013

Selezionare il writer

Esatto, amico mio, sintesi perfetta! Tutti possono leggerlo, anzi, più sono meglio è,  ma pochi possono (e devono) capirlo. Il libro funziona come il film o il cartone animato, naturalmente.
Bravo, a te non scappano i Perché? In che senso? Quelli che pongono questo genere di domanda sono quelli che non possono (e non devono capire).
Il genere in questo caso, hai ben intuito, funziona a meraviglia per depistare. Ecco perché il vero editore è sempre dentro le segrete cose. Fiuta che quel libro è quel libro.
Questione di linguaggio, taglio, allusioni, elementi “misteriosi”, ipotizzi giustamente.
C’è un filo invisibile a molti, visibile ad alcuni, per intenderci.
Certo, posso svelarti come quell'autore sceglie quel (ghost)writer.
Più (ghost)writer vengono chiamati al capitolo, al pezzo, alla pagina di prova. Ciascuno scrive e si rimette al piacere del committente. A quel punto la “valutazione” è…reciproca! Autore e (ghost)writer si “riconoscono”, bravo amico mio, è proprio così!
Il (ghost)writer fa il barcaiolo, per quellautore. Se il committente muove appunti, non coglie, non gradisce il (ghost)writer comprende che non è un navigante. E altrettanto vale per il committente: se il (ghost)writer non intercetta la rotta è evidente che non è un barcaiolo.
Se un (ghost)writer non è un barcaiolo non può scrivere per un navigante. Se un (ghost)writer è barcaiolo può scrivere anche per chi non lo è. Con la prova appura che non lo è e allora si mette a scrivere da semplice terrestre!
Ma allora…a sfidare il tempo sono solo quelli, giusto?

Giusto, amico mio.