Pagine

giovedì 27 agosto 2015

Sculettare

Più o meno incedere con ondeggiamento delle anche. Un po’ moto naturale, un po’ civetteria, diranno gli uomini avvezzi a posare lo sguardo sulla donna che sculetta.
Questa è la natura. Già, quella del sedere che si mena, o è menato, a destra e a manca. Come quei viottoli di campagna nella luce alta del sole d’estate quando l’aria brilla e ogni gomito pare che oscilli come una canna al vento. Come quegli aquiloni incerti, che tremano appena nei primi metri di cielo immobile. Come i gatti che sembrano sempre in posa sinuosa per una fotografia. Come le nuvole, quando fanno i loro piccoli soffici viaggi.
La malia di quello che sculetta è un po’ come l’incanto del pendolo che ci fa spostare lo sguardo di qua e di là, che ci rimanda in mente chissà cosa di lieve, che mentre attira la nostra attenzione ci ha già inebriato.
E’ bello, quell’andamento un po’ così. Quello che ti lascia uno spiraglio di fantasia. Quello che vorresti fermare con le mani ridendo come i bambini euforici.

C’è chi impara l’arte, di sculettare. E chi si sveglia sculettando al mattino porgendo un sorriso al giorno. Come le tende dietro la finestra socchiusa in primavera. Un dipinto di vita.

sabato 22 agosto 2015

Quando il sesso vien per nuocere

Capita che l’uomo non ceda all’ammiccamento di una damigella. Questione di gusto e caso. Che non è poi assoluto il principio per cui il maschio non si lasci scappare l’occasione sessuale. La lusinga può arrivare dalla donna che proprio non piace o nel momento sbagliato e lui dice no e rifiuta l’amplesso o, garbatamente, finge di non cogliere l’invito e svanisce nel nulla.
Ci sono donne che non ‘perdonano’ il no. Non lo accettano ‘culturalmente’, insomma sono abituate a essere quelle che decidono se e quando spassarsela sotto le lenzuola e, naturalmente, con chi. E’ un’offesa al loro fascino, alla loro femminilità, al loro potere persuasivo quindi meditano vendetta.
Ci sono donne più libere e intelligenti che fanno spallucce o piangono per i beati fatti loro e poi riprendono il corso della vita senza che l’audace maschio del gran diniego abbia più notizia di loro. Sono poche, pochissime, ma esistono.
Ci sono donne che siedono, in paziente, morbida, sorridente attesa. Sono quelle cui la natura ha trasmesso la fissazione che all’uomo gaudente e conquistatore sia dato di prendersi il tempo di guardare qua e là e levarsi altrove le voglie. Tanto prima o poi si avvede e si rammenta di quella tenera femmina generosa che lo aspetta e fa capolino nei pressi delle sue virtù. Non sono molte ma ci sono, fanno parte di quella parte di popolazione ancora avvezza allo schema dell’uomo istintivo e impudente e della donna chioccia e riflessiva.
Ci sono donne che smaniano, sbrodolano le più calde avances, continuano a farsi avanti e sotto, tirano fuori la mercanzia da gonne e decolletes pur di rapire uno sguardo, uno, del maschio che le ha voltato le spalle. Nel loro immaginario quell’uomo lì è quello che le donne le fa impazzire, di piacere. Mai e poi ci potrebbero rinunciare. Loro, pure loro, devono entrare nell’harem. Sono quelle che devono sentirsi almeno sul piano di tutte le altre donne del tizio in questione. E che diamine, cosa hanno di meno?
Ci sono donne che si trasformano in psicologhe della mutua. Se lui non ha voluto spassarsela con loro è perché ha paura di innamorarsi. Sono una spanna sopra le altre avvenenti fanciulle, loro. Il bel maschio con le altre pensa solo al godimento mordi e fuggi, nelle loro braccia invece finirebbe dritto nell’estasi eterna dunque fugge, fugge perché è immaturo, non è pronto, ha qualche trauma da superare, delle delusioni che ancora bruciano. O perché loro sono talmente al top da averne soggezione. La razza peggiore insomma. Si, sono le donne che credono fermamente di avere una marcia in più localizzata nel cervello.
Il nostro macho è ancora là. A spasso dove capita. Con in mano anche lui solo un pugno di mosche e gli anni che si accumulano sul groppone senza nulla da scrivere nel libro della vita, sia chiaro. Però senza tutto quel frullatore di pensieri e strategie. Perché questo resta, tra le due metà della mela. Una è in perenne elaborazione di teorie che stanno in piedi solo per le stampelle della cieca ostinazione al paraocchi, l’altra in costante assenza di turbamento da meditazioni fantasiose.

(su gentile input di un lui)

martedì 4 agosto 2015

Ricchi e felici

Lo conosci quel lamento? Quello dei ricchi che si guardano le spalle e non sanno più di chi fidarsi. Quello dei ricchi che provano lo sconforto di ricevere riguardi e non rispetto. Quello dei ricchi che respirano la noia dei desideri esauditi in un lampo. Quello dei ricchi che rischiano di essere posseduti dalle cose che hanno e devono avere.
Si, lo conosciamo più o meno tutti, noi che ricchi non siamo.
E’ più difficile conoscerne un altro, di lamento. Quello dei poveri. Che talvolta non hanno voce e forza, neanche per lagnarsi. Al massimo sospirano, al buio. Quando sono stanchi. O quando sognano e sperano, a occhi chiusi o aperti. Non li sentiamo ma di sicuro possiamo intercettare qualche sorriso, quando comunicano con gli occhi e qualcosa di bello o buono capita sulla loro strada.
Sembrano storie parallele, destinate quindi a non incrociarsi, al massimo a sbirciarsi, l’un l’altra, di lontano. Magari con sospetto, invidia, rassegnazione, perplessità. Oppure con un languore. Qualcosa che assomiglia a una vaga percezione di disagio. E’ quello il momento esatto in cui si fa largo la consapevolezza di quanto ognuno possa sprofondare nel vuoto se non trova il modo di far convergere i cammini verso una sorta di punto d’incontro.
Sarà solo un istinto romantico, debole, ideale?
Ho l’impressione che la felicità sia una parola grossa da maneggiare. Forse per gli umani si palesa solo in guizzi. E d’altra parte anche la serenità è una chimera, tanto per i ricchi quanto per i poveri. So che l’equilibrio non esiste e che il mondo vivrà per sempre degli uni e degli altri e non di un miscuglio a dose perfetta. Eppure ho la sensazione che sia molto sciocco illudersi e smaniare per un’esistenza almeno sopportabile senza mettere in conto di giocare un po’ a viso aperto e carte scoperte. Senza osare la magia delle mescole e degli impasti.

Dite che è difficile immaginarli, i ricchi felici di condividere benessere, aria e giornate con i poveri? Chissà…